Uscirà il 20 ottobre 2023, ma è già ordinabile online.
Ho lavorato benissimo con l’editore di
#alpes,
#RobertoCiarlantini, nello
sviluppo e nella finitura del progetto. E ieri ho sentito
#DorianoFasoli, che mi ha accolto nella collana da lui diretta: un onore, per me, perché oltre ad occuparsi di letteratura e psicologia, ha interessi fondamentali, che condivido con lui: Lacan, Carmelo Bene, Fabrizio de André… A lui va il mio sentito «Grazie!», e un fortissimo abbraccio.
Ho man mano solidificato il mio rifiuto alla pubblicità e al marketing. Non faccio pubblicità nemmeno a
Will – il Senso del Lavoro e della Vita – Ricerca Formazione Consulenza. Però, dire che una cosa esiste e dire esattamente cosa sia, è un’operazione opposta al marketing, quindi si può fare. Non voglio farmi pubblicità, non voglio indurre in tentazione, non voglio allettare. Soprattutto, ma questo chi mi conosce e chi mi legge lo sa bene: non voglio piacere.
Dico solo che «Fine del Lavoro», adesso, esiste. E dico anche di non ordinarlo su Amazon, perché Amazon è contrario a qualsiasi ‘legge’ che rispetti la persona e il lavoro: addirittura si fa pubblicità mettendo come oggetto il fatto che dà lavoro! Ordinatelo in libreria, se volete: almeno lo conosce anche il libraio, se non l’ha ordinato già. Ma se proprio non potete altrimenti, allora usate pure Amazon: ma con schifo, che lo sappia: fateglielo sentire!
Ho letto molte cose che parlano di lavoro. Oggi sta diventando un oggetto di discussione. Ma cosa sia il lavoro non l’ha detto nessuno: Suzman un poco più di tutti. Io però lo dico liscio liscio come fosse un treno che scivola sulle rotaie. E legata al lavoro c’è la vita, e c’è il senso. Spiacente, ma il lavoro non è quello che sembra, e non serve a quello che si pensa debba servire.
Ultima cosa, vorrei dire: sul titolo. FINE DEL LAVORO non inizia con l’articolo. Jeremy Rifkin aveva scritto negli anni ‘90 un best seller dal titolo «La fine del lavoro». Ma anche Rifkin ha sempre parlato da dentro la scatola stantia dell’economia. Il fatto che io abbia tolto l’articolo a Rifkin significa che il titolo diventa ambiguo. LA FINE… oppure IL FINE? Questo lo direte voi, se lo leggerete. (se il libro dovesse esser tradotto in inglese bisogna cambiare il titolo, per es.: “The Work: End or Purpose?”)
Non faccio lo schivo e rispondo sempre a tutti – a parte proposte a luci rosse o soggetti manifestamente pscicopatici – per cui se volete parlarne parliamone pure in pubblico o in privato. Tanto il privato… nemmeno quello esiste. Esiste solo l’intimità. Ma è tanto rara da metter il dubbio che esista davvero. Anzi no: La lettura è l’unica cosa intima che sopravviva (con un’altra persona).